Polemiche su una faccia di bronzo

di Redazione
Foto di Roberto Lepetit

 

Milano, 14 giugno 2020

I Sentinelli, movimento informale laico e antifascista, hanno lanciato all’inizio di giugno una petizione per chiedere al Comune di Milano di rimuovere la statua di Indro Montanelli dai Giardini di Porta Venezia. Da quando è atterrata lì nel 2002, questi bei giardini alla francese disegnati da Piermarini e inaugurati nel 1784 portano il suo nome, anche se in realtà quasi tutti li chiamano come prima: Giardini pubblici o di Porta Venezia. La Giunta Moratti li aveva intitolati al giornalista anche per ricordare che proprio su una delle sue panchine era stato gambizzato dalle Brigate rosse nel 1977.
Cosa vogliono ricordare oggi i Sentinelli?
Che nel 1936 Montanelli aveva comprato, sposato, stuprato Destà, una bambina dodicenne eritrea. A quei tempi era un fascista di 26 anni, partito volontario per il fronte africano con il desiderio di fare il giornalista, sottotenente di un battaglione di Ascari, i mercenari locali.
Basta scorrere Wikipedia, non gli archivi della Resistenza, per imbattersi in una sua frase pubblicata su Civiltà fascista nel 1936: Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà.
Aveva appena “sposato” Destà.

Il suo reportage della guerra d’invasione dell’Etiopia diventò un libro che gli aprì pochi anni dopo le porte del Corriere della sera e diede inizio alla sua inesausta carriera.
Montanelli prese poi convenientemente le distanze dal fascismo, ma del suo “matrimonio” africano continuò sempre a parlare come se niente fosse, da sincero schiavista.
Nel 1969 se ne vantò allegramente in un programma Rai, L’ora della verità, ma gli andò male perché in studio era presente Elvira Banotti, attivista femminista che nel 1970 scriverà, insieme a Carla Lonzi e Carla Accardi, il Manifesto di Rivolta femminile. Elvira riuscì a metterlo con le spalle al muro, prima che il conduttore la interrompesse:

M. Pare che avessi scelto bene, era una bellissima ragazza bilena di 12 anni… scusatemi ma in Africa è un’altra cosa, e così l’avevo regolarmente sposata nel senso che l’avevo comprata dal padre… mi ha accompagnata insieme alle mogli dei miei ascari, ogni 15 giorni raggiungevano la banda, arrivava con la cesta in testa, mi portava la biancheria pulita.
B. Lei dice di avere avuto una sposa, diciamo così, di 12 anni e a 25 anni non si è peritato affatto di violentarla. Come intende normalmente i suoi rapporti con le donne, date queste due affermazioni?
M. Signorina, nessuna violenza perché le ragazze in Abissinia si sposano a 12 anni.
B. Lo dice lei. Su un piano di consapevolezza dell’uomo, se lo facesse in Europa, riterrebbe di violentare una bambina, vero?
M. Sì, in Europa sì.
B. Quale differenza crede che esista da un punto di vista biologico o psicologico? Dal punto di vista del costume? Io ho vissuto in Africa, il vostro era il rapporto violento del colonialista che veniva lì e si impossessava della ragazza di 12 anni senza assolutamente tenere conto di questo rapporto sul piano umano. Eravate i vincitori, cioè i militari che hanno fatto le stesse cose ovunque. La storia è piena di queste situazioni.
M. Signorina, se lei vuole istruirmi un processo a posteriori…
B. No assolutamente, voglio sapere dopo le sue interpretazioni, come intende i rapporti con le donne.

Nel 1982, intervistato da Biagi sulla sua esperienza in Africa, ripeteva impunito:
L’ho regolarmente sposata, in quanto regolarmente comprata dal padre. Aveva 12 anni, ma non mi prendere per un bruto: a 12 anni quelle lì sono già donne. Avevo bisogno di una donna a quell’età. Me la comprò il mio sottufficiale insieme a un cavallo e un fucile, in tutto 500 lire. Lei era un animalino docile, le misi su un tucul con dei polli…

Pochi giorni dopo il lancio della petizione dei Sentinelli, la statua – che è di bronzo come lo era la faccia del suo soggetto – è stata da ignoti coperta di vernice rossa e dalla scritta STUPRATORE RAZZISTA. Il 15 giugno l’amministrazione comunale ha dato mandato di ripulirla, a spese delle contribuenti
Il 9 marzo 2019, a 50 anni dal conflitto con Elvira Banotti, le femministe di Non una di meno avevano ricoperto la statua di vernice rosa, un intervento artistico e politico che, come scrive Igiaba Scego su Internazionale, ricorda la “sofferenza di quella lontana bambina colonizzata dell’Africa orientale e con lei tutte le bambine che soffrono di abusi sessuali più o meno legalizzati nel mondo”.
Ora stanno fioccando polemiche e un noto editorialista del Corriere titola Nessuno tolga Montanelli dai suoi Giardini dimenticando che sono pubblici, non suoi, e intessendo una narrazione a dir poco edulcorata della sua biografia. C’è chi teme il fanatismo e la cancellazione del passato. La battaglia intorno alla statua non è una cancellazione, ma un rendere onore al passato, mettendolo nella sua giusta luce, facendo parlare chi è stato calpestato e ridotto al silenzio, in questo caso Destà, una bambina.

La statua di Montanelli ci ricorda che viviamo in un mondo che onora schiavisti, razzisti, fascisti, colonialisti, stupratori, impedendo di abbandonarci all’illusione di una società civile. Ci auguriamo che, anche quando sarà ripulita secondo le censure del decoro urbano, continueranno interventi artistici e simbolici su quella e su altre statue e monumenti, per ricordare le storie che sono state omesse. A presto.

Guarda Elvira Banotti: You Tube/Rai/l’ora della verità

 

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