Io e la natura | 9° puntata

Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese

di Manù

 

Fa freddo.
Non avevo più memoria di un clima del genere che è esattamente quello che deve esserci a gennaio.
Quando mi stavo organizzando per venire a vivere qui non ho fatto altro che comprare piumoni e calze termiche che poi non ho usato.
A gennaio e febbraio c’erano tra i 12 e i 16 gradi, la neve solo in fotografia e il sole splendeva noncurante della siccità e del largo anticipo delle fioriture.
Inquietante.
In compenso in aprile c’era una nevicata poi iniziava a piovere e le temperature continuavano a essere quelle di gennaio fino a fine giugno.
Clima temperato?
Accolgo con sollievo il gelo e faccio finalmente buon uso di piumoni e calze termiche, chiedendomi dove si rifugeranno tutti gli animali selvatici per sfuggire alla distesa bianca che ammanta tutto nel suo silenzio
La solitudine mi dà consistenza.
Durante la mia vita cittadina talvolta mi chiedevo quali e quante cose avrei continuato a fare se di colpo non ci fosse stato più nessuno a vederle.
E adesso mi rendo conto che alcune avevano senso solo perché avevano un pubblico.
Giammai mi si poteva cogliere senza un trucco perfetto e gli orecchini abbinati alle scarpe!
Sei un’esteta – mi dicevano.
Bè, sì, le cose belle mi piacciono e mi è sempre piaciuto essere in ordine, ma vivendo nella moltitudine mi ero creata un’immagine di me che continuavo a nutrire, senza rendermene conto, perché il mondo, avendomi vista così, si aspettava che io fossi così.
E allora si diventa schiavi della camicia stirata, del capello a posto e della scarpa pulita.
Nella solitudine cambiano le priorità e rimane solo quello che davvero ci fa stare bene.
La bellezza adesso la cerco nella linea particolare di un albero o in un fiore che spunta dalla neve.
Mi guardo allo specchio lo stretto indispensabile e devo dire che questo è un gran sollievo.
Mio Dio, avrò mica sentito il richiamo della foresta?

 

Non ho resistito a tuffarmi nella neve. Il difficile è stato venirne fuori.

Ho scoperto che i pettirossi e i merli mangiano il nasello.
Si saranno confusi? Pensano di essere dei gabbiani?
Ma d’altronde qui tutti mangiano tutto, tranne i miei gatti, ovvio.
Quelle che mi hanno impressionato di più, a parte i topi, sono le galline.
Quando possono scorrazzare in libertà, le tre pollastre mangiano ininterrottamente per ore. Iniziano con erbette e insalatine fresche, poi vanno a caccia di lombrichi e insetti vari, e fin qui niente di strano.
Hanno imparato a che ora mangia il cane Geppo e vanno a fregargli il cibo (scatoletta per cani), se riescono a infilarsi in casa si avventano sulla carne cruda dei gatti, vanno matte per i dolci e la pastasciutta e se incappano in qualche cadavere di animaletti vari non disdegnano neanche quello, nonostante la frollatura.
Non mangiano però topi e vipere che si limitano a uccidere beccandoli ferocemente .
Nonostante ciò, quando vado a portar loro il becchime mi volano addosso come se non mangiassero da una settimana.
Mi fanno quasi paura.

 

I topi non sono da meno, anzi. Divorano tutte le granaglie e i carboidrati esistenti, ogni forma di cibo composto per animali, dai croccantini per gatti alle palline di grasso per uccellini, la frutta secca e fresca con una predilezione per le mele, le uova, la carne e i formaggi di tutti i tipi, adorano il panettone. E se il cibo è contenuto in una confezione trovano il modo di aprirla, sempre, fatta eccezione per le scatolette di alluminio e i barattoli di vetro. Meno male.
Aiutano lo smaltimento, non c’è che dire.
A volte è inutile arrovellarsi alla ricerca di risposte perché basta aspettare e arrivano da sole.
Linda la gatta non è Lindo, non è incinta ma inequivocabilmente in calore, quindi forse presto lo sarà.
Negli ultimi giorni la sua richiesta di coccole si è fatta eccessiva, lì per lì pensavo ma guarda come mi vuole bene, che carina che carina, ma poi vedendola rotolarsi e assumere posizioni strane il dubbio si è insinuato.
Adesso ha perennemente l’occhio a mezz’asta, cammina con la pancia rasoterra, allieta la sottoscritta e tutta la valle con serenate notturne e diurne e quindi di dubbi non posso averne più.
Bibo e Baby, che sono sterilizzati, non capiscono. Quando l’assolo parte, ritmato, straziante e a un volume altissimo, vanno di corsa alla finestra per vedere cosa sta succedendo, tirano indietro le orecchie e mi guardano con aria interrogativa.
Io temo che tra poco tutti i gatti randagi presenti nel raggio di cinque chilometri si raduneranno qui e che l’assolo si trasformerà in un concerto intervallato dalle urla di una battaglia all’ultimo sangue per la conquista della femmina.
Ottanta centimetri di neve saranno sufficienti a scoraggiare gli impavidi?
Ecco un altra domanda per cui basta aspettare la risposta.

 

Bibo, passata la perplessità iniziale, è attratto dal canto della sirena. Vaga per casa gorgheggiando come un usignolo ubriaco sicché io non ho bisogno di accendere la radio per ascoltare musica alternativa.
Baby lo guarda come se fosse scemo.
Dalle torto.
Il fatto che Bibo passi la giornata a rispondere ai richiami d’amore mi ha fatto sperare che potesse nascere un’amicizia tra lui e Linda e invece no.
Quando la incontra si ricorda che quella è l’intrusa con cui non ha nessuna intenzione di dividere cibo, coccole e territorio, quindi dopo un ultimo miagolio amorevole le vola addosso e la morde.
Alla povera Linda non resta che andare a nascondersi e aspettare che io vada a cacciare il suo aguzzino.
Passata la paura, ricomincia il concerto.
Io per distrarmi vado a spalare la neve.

 

Foto di Manù e Andrea Ferrante

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