Io e la natura | 5° puntata

Cronache di una cittadina trapiantata su un selvaggio bricco del cuneese

di Manù

 

È arrivato Michi Sgaruf.
Michi perché si chiama Michi, Sgaruf perché è la prima cosa che mi è venuta in mente vedendolo.
Facente parte della specie canina, o almeno così sembra, ha purtroppo perso la padrona prematuramente.
È anziano, sordo, con un velo di cataratta, maleodorante il giusto e con un alito così pestilenziale che rende piuttosto impegnativo stargli vicino.
Diciamo anche che la natura avrebbe potuto essere un po’ più generosa con lui, aggiungiamo che morde e il quadretto è fatto.
L’insieme delle suddette caratteristiche lo ha reso idoneo a un’ adozione da parte della sottoscritta e quindi eccolo qua.
Devo dire che l’inserimento in famiglia è andato meglio del previsto.
I gatti, dopo averlo studiato per un paio di giorni con sguardo carico di pregiudizio e aver guardato me con aria interrogativa e una punta di rimprovero, hanno deciso di accettarlo.
E io ho tirato un sospiro di sollievo perché temevo che si scatenassero in una terribile vendetta.

 

Bisogna riconoscere a Michi un comportamento ineccepibile, sta al suo posto e aspetta la loro disponibilità a farsi annusare, cosa che loro gli concedono con una punta di disgusto, – è pur sempre un cane – ma sospetto che sotto sotto gli sia simpatico.
Ho provato a migliorare il suo aspetto e il suo odore facendogli una spugnatura con aceto di mele e spazzolandolo.
Lì per lì ero piuttosto soddisfatta. Non dico profumato ma quasi vaporoso, aveva un po’ perso l’aria da derelitto. Ma si verifica un fenomeno strano. Senza fare assolutamente nulla dopo una mezzoretta dalla toelettatura il pelo ricomincia ad arruffarsi e assumere un aspetto untuoso, l’odore torna e lui è di nuovo lui.
Non privo di una certa personalità.
Pazienza. Con il passare dei giorni ci stiamo sempre più simpatici, ha persino smesso di mordermi e vederlo rilassato e allegro dopo quello che ha vissuto mi fa davvero molto piacere.
Tutte le volte che passa davanti allo specchio si ferma e si osserva perplesso per qualche minuto.
Secondo me, pensa – Sgaruf! -.

 

Erano anni che non nevicava così.
Per di più nel periodo giusto. Quando deve nevicare, non quando le piante hanno i germogli.
Io non riesco a non essere contenta. È bellissimo.
E poi:
– la neve è un’importante risorsa idrica per i mesi caldi
– penetrando a fondo nel terreno assicura un buon raccolto di castagne
– aiuta la formazione di humus, raccoglierò porcini.
Ma:
Bibo, il gattone, dopo una prima sortita spavalda, rendendosi conto che la neve, ormai più alta di lui, è fredda ma soprattutto bagnata si è rifugiato in un sottoscala e li è rimasto fino a quando non sono andata a prenderlo in braccio per riportarlo a casa. Non ha più messo il naso fuori.
Baby è combattuta tra l’entusiasmo e il freddo. Corre come una matta per dieci minuti cercando di acchiappare i fiocchi, poi colta dal freddo vuole entrare, poi colta dalla voglia di giocare vuole uscire.
Michi non sa dove fare la pipì.

 

Le galline, estremamente contrariate, non fanno l’uovo.
Sto studiando un modo per scaldare il pollaio ma la vedo ardua.
Una gatta nera che ha tutta l’aria di essere incinta è venuta ad abitare nella tettoia sotto la mia cucina. Altre bocche da sfamare, ma un sacco di personale da assumere nella lotta contro il roditore.
L’ho chiamata Linda.

 

I miei vicini mi preoccupano.
Lei, ottantatreenne svalvolata con tre protesi, esce in vestaglia e pantofole per venirmi a trovare e chiedermi dove è andata sua nonna. Le ciabatte sulla scala ghiacciata mi inquietano.
Lui, ottantatreenne quasi cieco, esce con un sottile cappellino da imbianchino per spalare la neve a intuito, brontolando – Vedo tutto bianco, vedo tutto bianco -.
La strada per scendere a valle è una lastra di ghiaccio, se continua così siamo isolati fino al disgelo.
Combattuta tra entusiasmo e pensieri ansiogeni.

Foto di Manù e Andrea Ferrante

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