Apocalisse

di bulander
Illustrazione di Pat Carra

 

Quando Gino lo chiamò per dirgli che le Maldive erano state inghiottite dal mare, sul momento non volle crederci. “Sai”, aveva detto Gino, “comincio a pensare che questi eventi catastrofici stanno diventando un po’ troppo frequenti”. Poi avevano cambiato discorso, l’Inter domenica avrebbe giocato fuori casa. Gino era preoccupato, la Forlimpopoli era fortissima.
La telefonata rischiava di andare per le lunghe. S’inventò una scusa per chiudere.

Alfonso Eginardi era nato in corso Venezia, a Milano, ambiente chic, educazione nei migliori licei, poi Cambridge e infine India, in mezzo ai geni dell’intelligenza artificiale. Da sei mesi research team manager alla Bulthood Corp., filiale di Cormano.
Squilla ancora il cellulare, è sua moglie:
“Hai sentito ‘sta storia delle Maldive? Pazzesco, vero? Adesso cosa facciamo coi Buoni del Tesoro? Bisognerà cominciare a pensarci, stiamo qui ad aspettare la fine del mondo con le mani in mano?”
“Beh, non so, cosa vorresti farci?”
“Non so nemmeno io, non sono pratica di queste cose. Vendiamo… e ci compriamo monete d’oro.”
Con la testa tutta dentro ai suoi algoritmi, all’ing. Eginardi non riusciva proprio di concentrarsi su problemi di carattere finanziario. Per cui rispose come un automa: “Va bene, vendiamo.”
“Ecco, mi lasci sempre sola nelle decisioni importanti! Non ti viene un’idea che sia una! Vendiamo, e poi?”
“Compriamo monete d’oro, l’hai detto tu…”
“Ma l’ho detto così per direeeee! Se viene un cataclisma me lo dici cosa te ne fai di monete d’oro? Eh, me lo sai dire? Te le metti nel…”
L’ing. Eginardi non sapeva che dire, non gli riusciva proprio di fare mente locale. Ma intanto la moglie, urlando improperi, aveva già chiuso. Finalmente poteva tornare ai suoi algoritmi.

Tre giorni dopo, in pausa pranzo, lo chiama il dott. Antutti, quello del secondo piano:
“Ingegnere buongiorno, allora entra anche lei nella cooperativa? Siamo già in diciotto, io dico meglio non essere troppi, non le pare?”
L’ing. Eginardi aveva la testa, sebbene in pausa pranzo, altrove. “Ah sì, la cooperativa, certo… ma scusi, per che cosa?”
“Per gestire quella roba lì, sistemi di sopravvivenza, sì insomma, tipo l’arca di Noé. Ha sentito ‘sta roba della Maldive, no? Bene, stiamo qui con le mani in mano ad aspettare il diluvio? Certo, bisogna discutere se fare una cosa che galleggia o una stazioncina spaziale, ma intanto costituiamo la cooperativa, non le pare?”
“Beh, sì effettivamente… ne parlo con mia moglie, le donne hanno più senso pratico di noi uomini.”

A pranzo dalla mamma in corso Venezia.

La signora portava bene i suoi 72 anni, vecchia borghesia milanese, low profile a tutti i livelli, palco alla Scala da generazioni, chic ma non radical.
“Hai sentito questa cosa della Maldive, mamma?”
“Ho sentito, ho sentito. E quella storia dei cornicioni di via Canonica?”
“Quale storia, mamma?”
“Sono venuti giù i cornicioni di due palazzi, microsciami sismici li chiamano, una cosa proprio mirata, di nicchia. Capisci che potrebbe succedere anche da noi, abbiamo appena sistemato il tetto… dobbiamo prendere provvedimenti, vuoi mica aspettare la fine del mondo con le mani in mano, no?”
“Appunto mamma, volevo chiederti un piccolo prestito, per entrare in una cooperativa.”
“Ma per che cosa?”
“Per tutelarci in caso di fine del mondo… una roba tipo arca di Noé oppure una stazioncina spaziale… dipende…”
“Ma non ci penso nemmeno, arca di Noè… soffro il mal di mare, io, non ti ricordi? Stazione spaziale… ho più di 70 anni e cosa faccio, giro in orbita?”
“Mamma, siamo nel 2038, oggi c’è un sacco di gente che orbita intorno alla terra, persone della tua età e oltre, potrai trovare compagnie interessanti.”
“Ma figurati! Scommetto che queste idee te le ha messe in testa tua moglie… ma non potevi sposare una un po’ meno scema di quella? Scema e volgare.”
“Mamma ti prego, Alida non è scema per niente ed è previdente, mi ha detto che sarebbe buona idea vendere i Buoni del Tesoro…”
“Per andare in orbita…”
“Uffa! Noooo… per comperare monete d’oro!”
“Appunto l’ho detto, è scemaaaaa!”
Sorseggiano il caffè. Non si parlano. Suona il celllulare dell’ingegnere, è la moglie:
“Hai sentito dei cornicioni in via Canonica? Qua i tempi stringono, ti vuoi far venire qualche idea?”
“Ero appunto qui da mia madre per chiederle un prestito. Ti chiamo più tardi, dai.”
L’anziana signora, che ha sentito, preferisce cambiare discorso:
“A cosa stai lavorando adesso alla Bulthood, ti trovi bene?”
“Stiamo sviluppando un’app… ultima generazione… cosa fare in caso di fine del mondo. Fai clic, o schiacci sull’icona se hai il telefonino, e ti si aprono varie opzioni: land, air, sea, underground, space; scegli e ti chiede: single, family, community, ethnic group, religious group… facile da usare, sai, anche per quelli della tua età. Scegli il tuo sistema di sopravvivenza con un paio di clic e poi come vuoi che te lo portino: standard, fast delivery, premium…”
“Stammi a sentire, la tua app sarà un prodigio ma io non giro in orbita, chiaro? Mandaci la tua mogliettina con le tasche piene di monete”. E lui: “Oh, mamma… perché fai così?”

 

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