Welfare aziendale

di bulander
Illustrazioni di Isia Osuchowska

 

Questa storia del welfare aziendale era cominciata verso gli Anni Dieci del Duemila. Prima l’avevano messo nei contratti (sia quelli nazionali che integrativi), poi, quando i contratti passarono di moda e ciascuna ditta dava i salari che voleva, era diventato un esercizio ad libitum del singolo imprenditore. Quelli in genere sono taccagni e i casi di welfare aziendale cominciarono pericolosamente ad assottigliarsi. Con l’inflazione che decimava i salari negli Anni Venti cominciò presso i politici a manifestarsi una certa preoccupazione, perché il malumore della gente faceva brutti scherzi alle elezioni. Allora con le grandi catene televisive decisero di dare pubblicità al welfare aziendale e di istituire una serie di eventi dove si premiava il welfare aziendale più generoso o più fantasioso.

 

Attratte da questo nuovo incentivo, anche le società controllate dai cinici fondi d’investimento cominciarono a scatenarsi nel dare il welfare che poteva fare più colpo. C’era quella che regalava cassette di frutta e verdura bio, quella che regalava biglietti per la Scala, quella che regalava un buono per una seggiovia sull’Alpe di Siusi, quella che regalava la possibilità di farsi fotografare vicino a un noto influencer e così via. Si trattava comunque di un’elargizione, di un atto spontaneo di generosità, non c’erano regole, ciascuno poteva fare quello che voleva, in genere le società più dinamiche affrontavano il problema in questo modo: diminuivano i salari e largheggiavano in welfare.
Astemio Gregorotti, dopo aver tentato la strada dell’esportazione di vini tipici ed essere andato in fallimento, s’era messo a costruire piscine e vasche da bagno. Ebbe fortuna, gli affari cominciarono ad andare proprio bene quando la grande siccità degli anni 2022, 2023, 2024, finalmente cessò e cominciarono gli anni delle piogge torrenziali, per cui l’acqua per la piscina non costava niente.

 

Consolidata la sua posizione sul mercato italiano, pensò che per avere successo nell’export aveva bisogno di pubblicità e siccome il Premio per il più stimolante welfare aziendale dell’anno era diventato un evento trasmesso addirittura a reti unificate a livello europeo, decise di provare a concorrere. Per prima cosa, per riuscire a entrare in finale, pensò di ricorrere al vecchio sistema dei “regalini”. Riuscì ad arrivare al vicedirettore del programma, gli strizzò l’occhio facendogli capire che gli regalava un paio di piscine e una vasca da bagno disegnata dal famoso Boyl Strovenson, ma quello gli rise in faccia dicendo che lui già aveva una piscina da cinquanta metri nella sua villa di Frascati, profonda sei, che ogni tanto affittava alla Nazionale per gli allenamenti.

 

Gregorotti non era uomo da scoraggiarsi, si mise allora d’accordo con un armatore che gestiva i traghetti per le isole (Sardegna, Sicilia, Corsica ecc.) e che voleva buttarsi nel business delle crociere. Costui, un certo Arthur Nicolaides, cipriota, aveva intenzione di mettere in servizio due navi. Gregorotti come welfare ai suoi dipendenti avrebbe dato un voucher per una crociera su quelle navi e avrebbe chiamato tutte le sue piscine “modello Flutto Impetuoso” e le sue vasche da bagno “modello Sirena dei Mari”, che erano i due nomi con cui Nicolaides voleva battezzare le due unità da crociera. In cambio il cipriota avrebbe dipinto sulle fiancate dei suoi traghetti le immagini delle vasche da bagno e delle piscine di Gregorotti. La stagione turistica del 2031 si presentava eccellente, milioni di passeggeri sarebbero andati in vacanza sulle isole.
Stefano Vomìto (accento sulla i) lavorava a far piscine e vasche da bagno da una quindicina d’anni, era già passato di categoria tre volte e, anche se lo stipendio era rimasto sempre lo stesso, si trovava bene da Gregorotti&C. e non aveva intenzione di cambiar lavoro, benché il fratello della moglie, che aveva messo in piedi una ditta di consegne a domicilio, gli offrisse di più. Ma non era certo in grado di dargli il welfare che Gregorotti elargiva.

 

Quando venne fuori la storia del voucher per le crociere sulla “Sirena dei Mari”, la prima delle due unità a entrare in esercizio, la moglie di Stefano impazzì dalla gioia, era stato sempre il suo sogno andare in crociera ma non avevano potuto permetterselo, con quel che pagava Gregorotti. Era come esaltata, telefonava alle sue amiche: “Vado in crociera!”. Vomìto invece, forse a causa del suo cognome, soffriva il mal di mare al punto che gli bastava salire su un traghetto ormeggiato in porto e non era ancora partito che già sentiva la nausea. Ma non c’era niente da fare, la moglie non cedeva: “Vado da sola piuttosto!”. Il voucher, forse non l’abbiamo detto, valeva per marito e moglie.

 

La “Sirena dei Mari”, comperata di terza mano, partiva per il suo primo viaggio. Percorso: Fiumicino-Castellamare di Stabia-Milazzo-Cagliari-Fiumicino. Pieno di attrattive. Appena partiti Vomìto s’era rifugiato in coperta con tutti i suoi medicinali anti-nausea, mentre la moglie faceva la signora al bar e al ristorante con i suoi vestiti migliori, distribuendo vistose mance ai camerieri. Dopo un’ora e mezza di navigazione incrociano uno dei traghetti per le isole con dipinta sulla fiancata una delle vasche da bagno di Gregorotti. Vomìto, a quella vista – chissà perché – non riesce più a trattenersi e imita il suo cognome, la moglie, a una ventina di metri di distanza, ormai circondata da uno stuolo di signore che la credevano una riccona, esclama ad alta voce: “Ah, vedete quella vasca da bagno lì sulla fiancata di quel traghetto?… le costruisce mio marito, voi conoscete Boyl Strovenson, vero? No, non lo conoscete? Ma come, uno dei designer più famosi al mondo! Doveva essere qui con noi, ma poi ha avuto un impegno…” Poi, rivolta al marito: “Caro, dove doveva andare Boyl, che non è venuto, dall’emiro del Dubai vero?”
E Vomìto con voce strozzata: “Macché, non aveva il voucher. Non è mica un dipendente! Fa il consulente esterno. I voucher sono solo per noi che siamo a libro paga.”
Un’ora dopo lo stuolo di ammiratrici della signora Vomìto s’era dileguato e lei, appoggiata tristemente al parapetto, brontolava: “Potevi almeno stare al gioco e dirmi se andava a Dubai o a Miami, che non facevo quella figura… invece di vomitare.”

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