Ultradestra argentina

di Gaby Weber
Illustrazione di Federico Zenoni
Traduzione di Margherita Giacobino

 

La situazione in Argentina si sta surriscaldando: i maggiori sindacati protestano e bloccano il traffico – anche se queste azioni sono state appena vietate – e si mobilitano per uno sciopero generale il 24 gennaio. I “piqueteros” bloccano l’autostrada 3 lasciando passare i mezzi pubblici, ma non i camion e le auto, la sinistra invoca la “lotta contro la dittatura” e la società civile è sottosopra.
Pochi giorni dopo il suo insediamento, il presidente Javier Milei aveva presentato due pacchetti che non erano diretti contro la corruzione e l’economia del privilegio, ma erano invece un rimaneggiamento neoliberalista e l’instaurazione di uno stato di polizia. Poco prima di Natale ha pubblicato un “super decreto” composto da 366 singole risoluzioni e dopo Natale ha aggiunto un secondo pacchetto, una proposta legislativa composta da 1030 articoli. In base ad essa, il Parlamento dovrà trasferire i suoi poteri legislativi al governo, inizialmente per due anni ma con possibilità di proroga, di fatto esautorandosi. Secondo Milei, questa legge delega deve essere votata entro cinque settimane perché c’è uno stato di emergenza grave.

Le tariffe dell’energia elettrica, dell’assicurazione sanitaria e del carburante saranno liberalizzate, e quelle del trasporto pubblico locale aumentate. Le autorità di controllo per la protezione dell’ambiente saranno indebolite, i divorzi saranno possibili senza avvocati e tribunali, il diritto del lavoro sarà adattato agli interessi dei datori di lavoro e i sindacati saranno privati del loro monopolio sull’assicurazione sanitaria per i dipendenti.
Non si tratta solo di massicci risparmi a danno dei lavoratori e a favore delle aziende. Si tratta anche dell’abolizione dei diritti democratici fondamentali e di un attacco alle finanze pubbliche. La nuova legge consentirà al governo di accedere al fondo pensionistico dell’ANSES (Amministrazione nazionale della previdenza sociale), che attualmente ha ben 76 miliardi di dollari di riserve. Una “generosa moratoria” (così la definisce il quotidiano conservatore La Nación) cancellerà i debiti delle imprese nei confronti del fondo pensioni e del fisco. E poi è prevista l’emissione di nuove obbligazioni per pagare i debiti esteri degli importatori privati.
La dittatura militare aveva fatto la stessa cosa nel 1982, poco prima di lasciare il potere, quando si era accollata i debiti esteri delle aziende, compresi quelli della Deutsche Bank e della Mercedes-Benz, aziende che avevano avuto accesso alla valuta estera attraverso le loro società madri. Allora era stata la dittatura, ora un governo democraticamente eletto fa la stessa cosa.

Milei vuole privatizzare 41 aziende statali, tra cui la compagnia aerea Aerolineas Argentinas, gli acquedotti, la Banca Nazionale e i media. In cima alla lista c’è il pacchetto azionario della compagnia petrolifera YPF, su cui ha messo gli occhi l’emiro del Qatar e su cui l’ex presidente Mauricio Macri (il grande sostenitore di Milei) ha voce in capitolo. Infine sarà abolita la legge che subordina l’assunzione di ulteriori prestiti all’approvazione del Congresso. Milei, come ha già fatto Macri, renderà l’Argentina ancora una volta dipendente dal Fondo Monetario Internazionale e da Blackrock and Co.

Resistenza

La libertà dei cittadini sarà massicciamente limitata. Chiunque ostacoli il traffico stradale sarà punito con una pena fino a tre anni di carcere. Le organizzazioni coinvolte in blocchi stradali saranno chiamate a risponderne in tribunale: non sarà necessario dimostrare che li abbiano indetti, sarà sufficiente che uno dei loro membri vi abbia preso parte.
Già a dicembre 2023, per fare un esempio, la ministra della Sicurezza Patricia Bullrich (che aveva ricoperto lo stesso incarico sotto Macri) ha chiesto un risarcimento di 60.000 dollari ai piqueteros non coinvolti nelle azioni. In futuro, le manifestazioni dovranno essere annunciate con almeno 48 ore di anticipo e gli assembramenti di tre o più persone dovranno essere registrati; il percorso sarà determinato dalla polizia. Saranno inasprite le pene per la resistenza all’autorità statale e sarà legittimata la giustizia fai da te dei vigilantes.

Diritti umani

Pochi giorni dopo l’insediamento del nuovo presidente, i procuratori argentini incaricati dei processi per i diritti umani hanno tenuto una riunione di crisi. Anche se il nuovo governo non ha ancora fornito dettagli, temono il peggio. “Indulti, scarcerazioni anticipate, smantellamento dei dipartimenti e persino la cancellazione dei procedimenti in corso e la distruzione delle prove: tutto è possibile”, ha dichiarato l’avvocato Pablo Llonto.
I diritti umani e le indagini sui crimini della dittatura militare (1976-1983), dichiarati una priorità assoluta dalla precedente amministrazione peronista, non sono più all’ordine del giorno nella nuova Argentina. La vicepresidente Victoria Villarruel simpatizza apertamente con l’ex dittatore Jorge Videla e preferirebbe non solo fermare tutti i processi contro i torturatori, ma anche mettere in discussione pensioni e risarcimenti.
Tutti i direttori della Segreteria nazionale per i diritti umani si sono già dimessi e, sebbene il nuovo capo Alberto Baños abbia promesso di salvare i restanti 1.600 posti di lavoro, il futuro si preannuncia fosco. “No hay plata” (Non ci sono soldi) è il nuovo slogan del governo, riferito agli stipendi e alle spese per tutti gli uffici. Il ministro della Giustizia ha annunciato che taglierà un terzo di tutti i posti di lavoro nel settore della giustizia.
Milei, autoproclamatosi anarco-capitalista, preferirebbe abolire lo Stato o almeno ridurlo al minimo, e cose come “diritti umani” e “giustizia sociale” sono viste come inutili reliquie del passato.

Misure di austerità radicali

Martedì 12 dicembre 2023 il nuovo ministro dell’Economia, Luis Caputo, aveva annunciato le prime rigorose misure di austerità:
– nelle amministrazioni statali, tutti i contratti di lavoro che hanno meno di un anno non saranno rinnovati;
– il governo non farà più pubblicità sui media privati per almeno un anno;
– di 18 ministeri, ne rimarranno 9, gli altri saranno declassati o sciolti come il Ministero per le Donne e le Diversità. I rimanenti saranno integrati in altre organizzazioni;
– i pagamenti alle Province saranno ridotti;
– il settore pubblico non realizzerà più progetti edilizi;
– i sussidi per il trasporto pubblico e l’elettricità saranno ridotti a partire dal 1° gennaio;
– il peso sarà svalutato a metà del suo valore. Ciò rende più costosi i prodotti di uso quotidiano, ma rappresenta un notevole vantaggio per tutti gli esportatori, in particolare per i coltivatori di soia.

Non è questo che avevano in mente gli elettori di Milei appartenenti alle classi più povere. Non c’è dubbio che l’apparato statale, lacerato dalla corruzione e dalla cattiva gestione, dovesse essere riformato dalle fondamenta. Ma le nuove misure non portano a un rinnovamento e a un’amministrazione trasparente, bensì alla recessione, in un momento in cui la società non può stringere ulteriormente la cinghia. Il 42% degli argentini è già considerato povero e ora le bollette dell’elettricità aumenteranno, e non gradualmente: “una terapia d’urto”, ha spiegato Milei nel suo discorso inaugurale. Anche i media e gli economisti conservatori avvertono che qui non si tratta di risparmiare, ma di mandare a rotoli un sistema sociale.

Era prevedibile. In campagna elettorale Milei inveiva contro la “casta” dei politici di professione. Considerata l’inflazione che sfiora il 150%, ha vinto il ballottaggio con un netto margine. Non disponendo di un proprio apparato di partito, si è avvalso della frangia di destra dei politici di professione che avevano già servito Mauricio Macri e Carlos Menem, il privatizzatore a capo del Paese negli anni ’90. Il nuovo superministro Luis Caputo, ad esempio, era stato ministro delle Finanze di Macri e aveva indebitato il Paese fino alle orecchie. È il tipico rappresentante della “casta” che Milei proclamava di voler distruggere.

I prezzi sono saliti alle stelle già nella settimana precedente l’insediamento di Milei. Un chilo di caffè è arrivato improvvisamente a costare fino a 60 euro, le bollette dell’elettricità sono schizzate, il latte e la carne sono aumentati ancora dopo l’annuncio del nuovo programma di austerità. L’80% degli argentini guadagna 500 euro al mese, e ce la faceva già a malapena. I prossimi sei mesi saranno duri, non per la casta di Milei e per i coltivatori di soia, ma per la classe media, perché i loro pesos varranno la metà da un giorno all’altro e le loro spese aumenteranno massicciamente. Anche le tasse, che per un anarco-capitalista sono opera del diavolo, sono state aumentate – naturalmente lo Stato ha bisogno di soldi, e da dove dovrebbe prenderli se non dalla parte attiva della popolazione?

Politica estera

Buenos Aires si sta riposizionando anche in politica estera. Dopo aver votato con il Sud globale nella maggior parte degli organismi internazionali, il rappresentante argentino si è astenuto dal votare all’ONU per il cessate il fuoco a Gaza. L’avvicinamento al governo Biden non ha riscosso nessuna simpatia tra la popolazione, nemmeno tra quella ebraica (circa un quarto di milione), molto critica verso l’attuale governo israeliano.
C’è solo un punto in cui Milei si discosta dalle sue radicali promesse elettorali. Mentre non voleva più negoziare con i “comunisti”, ora ha scritto una lettera amichevole al capo di Stato cinese e ha chiesto l’estensione degli swap depositati presso la Banca centrale di Buenos Aires. Non si sa ancora cosa abbia risposto Xi Jinping.

Il convertito con la kippah  

Appena è stato eletto, il presidente ha fatto apparizioni provocatorie indossando una kippah. Pochi minuti dopo che il suo ministro dell’Economia ha annunciato in televisione le misure di austerità, Milei ha celebrato in Plaza Uruguaya la festa ebraica delle luci “Hanukkah”, con rabbini, varie personalità e una massiccia presenza della sicurezza.
“Sappiamo che le forze del cielo aiuteranno l’Argentina e soprattutto Israele in questo momento”, ha gridato con la kippah in testa, ricordando il “coraggio di un piccolo gruppo di ebrei, i Maccabei, che si sollevarono contro il divieto dell’ebraismo”.
Questa apparizione simbolica non è stata accolta bene. La seguitissima “Radio con vos” ha fatto notare che un presidente dovrebbe rappresentare l’intera nazione e che la sua religione è una questione privata. Secondo le sue stesse dichiarazioni, Milei vuole convertirsi all’ebraismo e diventare il primo presidente ebreo dell’Argentina. Non ha ancora rivelato come questo si concilierà con il suo anarco-capitalismo, dal momento che gli anarchici hanno sempre negato Dio, Stato e Patria.

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