Scrittrice nella calura

della Misantropa
Illustrazioni di Teresa Sdralevich

Raschiando in fondo al barile, la Regione aveva trovato dei fondi da stanziare per la manifestazione Estate cultura, sette scrittori nella calura.
Uno scrittore più famoso si era defilato all’ultimo minuto e avevano chiamato lei. Vai, ti pagano il viaggio in seconda e un pasto al giorno, le aveva detto la sua agente, il cui motto era: se non appari non esisti.
Andò. Si fece mordere da mille zanzare e intervistare da giornalisti locali alcuni dei quali avevano effettivamente letto il titolo del suo ultimo libro.
Il pubblico era scarso ma interessato, soprattutto al suo abbigliamento. Tranne che a Bolzaretto Inferiore, dove una vasta platea attendeva l’arrivo del critico Sconci, noto per gli alti cachet e il basso linguaggio. Sconci arrivò con tre ore di ritardo, e quando ebbe finito di parlare tutti se ne andarono, tranne una donna attentissima in prima fila. La scrittrice, che sperava di potersene andare anche lei, rimase. Alla fine dell’incontro, la donna le chiese di autografare il suo libro preferito. Firmò, senza avere il coraggio di dirle che la stava scambiando per un’altra.
Resisti, le disse la sua agente. È un’occasione per conoscere il vero pubblico, tu che sei sempre rinchiusa nella tua nicchia. Hai tanto da scoprire.
Al Festival della Salsiccia e del Sonetto di Bellaia scoprì che il sonetto di Bellaia è un pregiato salume affine al culatello.
A Castelvecchio di Rocca Barbuta fece una brutta caduta sui trecento scalini della rocca e si lussò una caviglia.
A Stenti, ridente località dell’Appennino, il pasto pagato era trippa di cinghiale. Lo rifiutò è si inoltrò nel bosco per nutrirsi di bacche.
Da allora nessuno l’ha più vista. Si dice che si sia rifugiata presso il monastero delle Penitenti Umiliate, che venerano Santa Inès de la Cruz e fanno voto di non scrivere mai più.

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