Lo sciopero rattrista il re

Un commento sullo sciopero generale del 16 dicembre 2021

di Matteo Gaddi, ricercatore della Fondazione Sabattini (Fiom-Cgil)
Illustrazioni di Anna Ciammitti e Piera Bosotti

 

Lo sciopero del 16 dicembre, il primo sciopero generale dopo quello del 2014, è andato molto bene, sia dal punto di vista dell’astensione al lavoro, sia della partecipazione di piazza.
Va tenuto presente che per il sindacato non è stato facile organizzarlo. Innanzitutto è stato proclamato in tempi strettissimi, nove giorni prima, un ritardo dovuto alla necessità di coinvolgere, da parte della Cgil, anche le altre organizzazioni sindacali. Purtroppo la Cisl non ha partecipato, mentre la Uil sì, e questo è stato un ottimo risultato.
Dallo scoppio della pandemia in poi è stato difficile avere un rapporto continuo e diretto con lavoratrici e lavoratori, organizzare e tenere assemblee sindacali. Molto imprese hanno cercato di impedire lo svolgimento di assemblee nei luoghi di lavoro, adducendo questioni di sicurezza, distanziamento, misure per evitare assembramenti. Sembra una presa in giro: secondo loro, nei reparti e nelle linee è possibile lavorare tranquillamente in sicurezza, gomito a gomito, mentre se si partecipa a un’assemblea sindacale ci si contagia.
La soluzione del sindacato è stata quella di contingentare il numero di partecipanti e moltiplicare il numero di assemblee. Faccio un esempio concreto: due settimane fa ho tenuto assemblee in una fabbrica di trattori in provincia di Padova. Mentre prima del Covid con due assemblee si coprivano entrambi i turni, adesso ne sono state necessarie cinque, cominciando alle 7,30 e finendo alle 16,30. L’intera giornata è stata spesa in quella fabbrica.
Un sindacato può inventare qualsiasi strumento comunicativo (mailing list, Whatsapp, riunioni online sulle varie piattaforme), ma in molti luoghi di lavoro l’assemblea dove ci si confronta di persona, dove ci si guarda in faccia, è insostituibile.

 

L’atteggiamento dei media, con poche lodevoli eccezioni, è stato inqualificabile. Non appena lo sciopero è stato proclamato, è iniziato un impressionante fuoco di sbarramento. Ai loro occhi questo sciopero era, di volta in volta, sbagliato, irresponsabile, incomprensibile…
Oscillavano tra la diffusione di preoccupazione, quasi si trattasse di un attentato alla sicurezza nazionale, e l’offesa per “lesa maestà”. (Non a caso, il presidente di Confindustria Bonomi ha dichiarato di essere “triste” a causa dello sciopero. Nel suo discorso conclusivo, Maurizio Landini ha scatenato l’ilarità generale ricordando la canzone di Jannacci “Ho visto un re”. NdR)
In realtà, le ragioni dello sciopero sono chiarissime e per certi versi vanno oltre i punti indicati nella piattaforma sindacale su fisco, pensioni, lavoro.
Come si fa a non rendersi conto dell’impoverimento progressivo di lavoratori e pensionati? O del fatto che ormai l’unica forma di assunzione a cui ricorrono le imprese è quella di contratti precari, anche per chi viene impiegato in attività ordinarie dell’impresa? O ancora del fatto che la struttura industriale dell’Italia è in corso di smantellamento e delocalizzazione?
Dopo l’attacco, nei media è calato il silenzio: visto che lo sciopero era riuscito, bisognava cancellarlo dalle notizie o relegarlo in ultimo piano. Credo sia la prima volta nella storia repubblicana che la notizia di uno sciopero generale non costituisce il primo titolo di TG e giornali. (In compenso, in prima serata del 16 dicembre Rai3 ha scelto di trasmettere un apologetico documentario su Marchionne. NdR)
Hanno dato molto più spazio alla Cisl, che si è limitata a radunare qualche migliaio di persone nel sabato successivo, segnale inequivocabile di quali sono i sindacati “buoni e responsabili” e quelli “cattivi e irresponsabili”.
Non solo, i media hanno preso per oro colato i numeri sulle adesioni allo sciopero forniti da Bonomi. I nostri numeri dicono tutt’altro e i fatti parlano. Nel settore della metalmeccanica è andata molto bene con percentuali di adesioni dal 70 al 90 per cento. Il risultato è positivo anche in altri settori, per esempio nell’industria alimentare, chimica e dei trasporti: i due principali macelli del mantovano non hanno macellato; i petrolchimici hanno funzionato con gli impianti al minimo di sicurezza; in diverse città i trasporti pubblici si sono bloccati, tranne che nelle fasce di garanzia. Questi numeri Bonomi li conosce benissimo, perché molte di queste aziende aderiscono a Confindustria, altro che adesioni inferiori al 5 per cento come ha dichiarato ai giornali!
Come ha detto Landini, adesso bisogna continuare, è l’impianto complessivo delle politiche economiche e sociali degli ultimi trent’anni che va messo in discussione. Governo e Parlamento sono stati sordi alle ragioni del mondo del lavoro, e proprio per questo non ci fermeremo.

Vai al discorso di Maurizio Landini, segretario generale Cgil: https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2021/12/16/video/landini_non_c_e_ripresa_senza_lavoro_-1743480/

 

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