Le sofistiche vacanziere

di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazione di Isia Osuchowska

Diletta Gorgia,
a suscitare i miei interrogativi coi quali vengo a te, in questo principiare della stagione più deliziosa, è il concetto di vacanza. Mi chiedo infatti per noi che aspiriamo a vivere con lo studio e la compilazione di testi profani che senso possa avere la vacanza. Non certo perché non meriteremmo riposo, sfiancate come siamo dall’incertezza e dal girovagare in cerca e per conto di mansioni varie. E nemmanco penso che non sapremmo goderne: di bagni nella spuma di Nettuno, di spume al bar della spiaggia, di baci salati. La parte della vacanza che mi pare ardua da accettare è quella che la definisce come un tempo di allontanamento da un lavoro retribuito. Infatti, non avendo noi un’attività salariata che duri di più di quello che per tutti è il tempo di un viaggio estivo, da cosa prendiamo vacanza? Se anche a furia di cogitare, avessimo racimolato due sudate carte, nel senso di spiccioli, non in quello altissimo di un adorato nostro mito del futuro, e potessimo, perciò, progettare la vacanza, con che spirito partiremmo, se al ritorno non ci aspetta l’odiato rientro al lavoro, ma quello alla disoccupazione? Infine, Gorgia mia, non credi anche tu che l’unica vacanza che potremmo goderci sarebbe quella al contrario: una vacanza dallo sciabordio ossessivo che l’incertezza fa contro il nostro spirito, una vacanza dall’assenza di reddito fisso? Per questo ti chiedo, Gorgia cara, per la stagione balneare che si va profilando, cosa sogni: un posto su un traghetto per la Corsica, un posto letto in una casa al mare? O come me fantastichi di un posto, fisso almeno per un tempo lungo quanto una crociera?

Carissima Protagora,
parlandomi di vacanze e di lavoro dopo l’inverno la mia impazienza godereccia mi farebbe chiudere qui ogni interrogativo, senza riflessione… A fronte della stanchezza accumulata nell’umida e nuvola Lutetia sogno una sola cosa: caldo asciugatore e vacanze senza fine. Punto. Corsica? Sì ben venga e se magari mi fermassi pure là per un mese intero, o se prendessi un trireme velocissimo, costeggiassi la Spagna fino ad oltrepassare le colonne d’Ercole, fino un po’ più in là, fino a cadere giù da questo mondo piatto?
Eccoti servito l’effetto acquolina in bocca da vacanza.
Ora smetto di vagheggiare e ripenso a quello che mi chiedi, ripenso a quando un reddito più o meno fisso ce l’avevo e a quanto era più facile concedermi una vacanza. Penso alla penuria di quelle che tu chiami sudate carte, rinvestendo le leopardiane bellissime del valore di moneta di scambio. Penso agli anni futuri, a come evolverà questo precariato dilagante.
Mi chiedi se fantastico il posto fisso? Ti rispondo: “Certo che sì!”. Ma a patto che mi lasci il tempo di non dedicarmi solo a lui e a non agognare una vacanza, quando potrò permettermela, solo per stargli lontana – dimenticarlo – per la grazia di una settimanina in pieno agosto, fino al settembre che verrà…

da Aspirina n.13 Estate 2016

 

 

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