Le sofistiche Protagora e Gorgia

di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazione di Isia Osuchowska

La Gorgia domanda:

Protagora diletta,
Aedo non cieco del popolo dei Liguri tra ben più di mill’anni, il doppio, canterà che… dal letame nascono i fior… e le erbacce? Da dove nascono le malerbe, le gramigne invadenti e resistenti a chi estirpa gli sterpi? Le erbacce mi piacciono molto: è pur vero che con le tenere erbette un’insalata per nodrir papille nostre è d’uopo, ma vuoi mai quante tante cose possiamo fare con le erbacce?
Le erbacce sono tante, plurali per natura, difficili anche al Linneo, ribelli al contare, rendicontare, pesare. Succede allora che essi diserbano, scerbano, sgomberano strade, sentieri, terreni da quelle erbe che sembrano non servire, dalle erbe del fastidio. Succede quando ancora non si conoscono o perché impediscono la vista che si vorrebbe, vorrebbe dare, vorrebbe controllare, vorrebbe imporre.
Con le erbacce si fanno pozioni, intrugli e abluzioni. Oppure anche niente, le erbacce sono. E bada bene, nel momento in cui non son più utili all’uomo le erbe buone in mal’erbe possono trasformarsi. Un’erba buona non lo è mai fino in fondo, fino al momento possibile in cui metamorfosi la prende. Ma allora dimmi Protagora, da dove vengono le passate erbe, le presenti erbacce? Da dove la loro natura resistente e mutevole? Da dove l’ostinata e contraria?

La Protagora risponde:
Gorgia cara,
affiora come spuma da queste parole l’interesse tuo acceso per la botanica, per i rimedi verdi, erboristici appunto. Sai che dal canto mio, non nutro cotali passioni, ammiro il germogliare di ogni cosa per ciò che è: un miracolo dell’esistente, ma non confido nel potere delle erbe e ho sempre preferito affidarmi a quella che i posteri chiameranno Aspirina. Però, ti voglio seguire, più che nel panegirico delle proprietà salvifiche degli sterpi, nell’importanza per il mondo delle erbacce.
Le erbacce resistono all’ordine apollineo imposto. Soprattutto vivono in quella condizione che un collega del futuro, Georges Bataille, chiamerà del dispendio: non servono le erbacce, non possono essere assimilate al mondo dell’utile, dei conti che tornano, del profitto. Se ne stanno ribelli a questa ricerca affannata di imporsi e di trarre guadagno, verdognole, tetragone ai colpi dei prati inglesi. Per questo sono importanti, in questo momento ancor più delle margherite: se è vero, infatti, che non possiamo certo utilizzare la gramigna per il trastullo del m’ama non m’ama, proprio per questo essa ci libera dall’incertezza sul desiderio dell’altro. Le erbacce se ne stanno autonome, con le loro foglie frastagliate e d’improvviso fioriscono di colori irresistibili e profumi perigliosi.

 

 

 

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