Le sofistiche in terre australiane

di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Illustrazione di Isia Osuchowska

 

Mia Protagora,
il nuovo anno si è presentato sfilando vestito di fiamme in luoghi e tempi che sono a noi, vegliarde elleniche, lontanissimi. E se anche questa volta ci fosse lo zampino di Prometeo?
Né io né te conosciamo queste terre australiane, se non perché ce ne arrivano notizie in tavolette stranissime e colorate provenienti dal tempo futuro. Tavolette che sembran figlie di magia o opera degli dèi. In queste terre abitano animali e piante dalle forme e i colori così inconsueti in Grecia. Ma le fiamme no, quelle si conoscono bene anche sulle sponde del mediterraneo mare fin da quando Prometeo le rubò al Sole. Incurante di Zeus, che aduna i nembi e alto tuona.
Mia diletta, ora voglio raccontarti di queste tavolette variopinte che mi hanno parlato così: “I popoli che abitavano queste terre sapevano controllare il divino fuoco, servendosi delle sue lingue con maestria e conoscendo i modi per arginarne l’esuberanza. Si racconta che in tempi successivi altri popoli, venuti dal Nord, invasero queste terre e lo fecero in noncuranza di quest’antica maestria autoctona. Fino a oggi, tempo in cui si piangono innumerevoli ettari di vegetali inceneriti, corpi animali e vittime umane”.
E se allora Prometeo si fosse sbagliato? Se quando infranse il divieto di Zeus, padre degli dèi e degli uomini, il suo coraggio rivoltoso vide male? È forse meglio che il fuoco ritorni al carro del Sole o alla torcia di Efesto? Forse meglio che agli uomini resti la sua assenza?

Gorgia mia,
è difficile la domanda che mi poni, se sia meglio essere privi di qualcosa perché incapaci di farne uso, di goderne, di tenerla con sé. Certamente sarebbe stato di gran lunga preferibile se quei popoli del nord di cui parli non avessero mai sottratto le terre agli indigeni, ma queste sono solo favole, non è filosofia…
Mi interroghi anche sull’uso all’umanità intera, di punire chi sbaglia, prendendogli allora tutto quello che ha. Domandi infatti se io creda che sarebbe meglio ci fossero sottratti il calore e la luce del fuoco. Su questo ecco posso provare a risponderti, anche se credo che anche ora non saprò fare molto di più che proporti altre favole…
No, non sono favorevole alla sottrazione del fuoco, vorrei al contrario che l’universo ci venisse ancora incontro, che altri dei ci facessero nuovi doni, che ci aiutassero a comprendere come si impara senza il timore di essere puniti. Non vale poi molto, infatti, questo sistema da prigionieri in cui viviamo anche quando siamo in libertà: la minaccia del Pianeta nostro, il suo rivoltarsi è una punizione che agli uomini sembra non far paura affatto, salvo poi rimanere sommersi dalle acque o scalzati dalla rapidità perigliosa del fuoco.
Non li meritiamo, è vero, altri doni, e di certo tu dici bene invocando l’ira degli dei, la loro vendetta, ma io osservando invece quanto fragile è la specie nostra che pur sapendo volare non sa ancora domare il fuoco né l’acqua, allora invoco tutta la pietà universale, degli dei nostri e di ogni popolo del globo.

 

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