La materia alternativa

di Redazione
Illustrazione di Anna Ciammitti

 

Laura Marzi ha appena pubblicato con Mondadori il suo primo romanzo, La materia alternativa. Chiediamo a Laura, che di Erbacce è redattrice e autrice (v. Le Sofistiche), di introdurre il libro.

I ragazzi che non fanno l’ora di religione si chiamano Hossein, Amal, Safia, Michele, Meng e sono bengalesi, egiziani, italiani, cinesi. La protagonista di questa storia insegna loro una materia che si definisce a partire dal suo contrario, una materia che ai consigli di classe non conta nulla, che non ha programmi e, nel caso dell’istituto professionale in cui ci troviamo, non ha nemmeno un’aula.
Nelle sue ore sparpagliate tra mensa, aula video e palestra, si inventa uno spazio in cui parlare con i ragazzi di sesso, di rapporti di potere tra uomini e donne, di discriminazione, razzismo, pornografia. Si appropria di questa zona franca, questo spicchio di far west tra le ore di inglese e matematica, per mettere in discussione le loro idee sull’identità di genere, l’orientamento sessuale, il consenso. E per farsi ascoltare da questi adolescenti, che a volte non sanno nemmeno l’italiano e magari dopo la scuola spacciano o fanno da genitori ai loro fratelli, li provoca, li spiazza, chiede la loro opinione, ascolta la loro musica, racconta di sé e della sua visione del mondo.
Se in classe è appassionata e intransigente, fuori dalla scuola la sua vita è caotica e piena di crepe; abita in un monolocale di diciotto metri quadri e pratica con convinzione la materia alternativa all’amore: cerca gli uomini quando è triste e si annoia, da loro vuole il gioco, la tenerezza, il piacere, rifugge dalla religione della coppia e non crede che fare un figlio e costruire una famiglia possa dar senso a una vita.
La seguiamo per un anno scolastico dentro e fuori dalla classe – tra un collegio docenti, un flirt nato in un negozio di casalinghi e un tentativo di spiegare il sessismo ad Amal e Nadir – in un momento cruciale della sua esistenza, in cui è costretta a guardare in faccia alcuni dei suoi nodi irrisolti.

Il suo rapporto più significativo ha le stimmate della passione e le stazioni del percorso sono riflessioni sul suo desiderio erotico e su quello dell’altro.

La ricerca del piacere della protagonista ha in effetti dei chiaroscuri: da una parte è un tentativo di rifuggire la noia, dall’altra è una ricerca autentica di godere dell’altro, per condividere i pasti, delle letture, il sesso. L’amore prevede impegno e cambiamento, imprevisti, un carico di dolore di cui non si conosce il peso, ma che si sa inevitabile. Lei, con tutta la sua durezza, non è capace di accettare le conseguenze dell’amore…

Razzismo e sessismo sono temi ricorrenti nel romanzo, che invita ad ascoltare il dolore e l’emarginazione sociale.

Sì. sono passioni tristi che albergano anche negli insospettabili. Il punto è proprio quello nominato: l’ascolto del dolore e dell’emarginazione e il tentativo di rimetterli in circolazione in un racconto nuovo, in cui non scompaiono, né vengono rimossi, ma sono considerati le basi per una vita nuova, di maggiore consapevolezza, resistenza, in cui la rabbia viene rimessa in circolo per proteggersi e avanzare.

La protagonista ci fa entrare nelle precarie case del suo esilio volontario, nella casa di famiglia, in quelle degli amanti. La casa raccoglie desideri e paure, è approdo e  rifugio.

Questa funzione nel romanzo la svolge il suo tappeto: avendo lei una casa che assomiglia a un garage, ma desiderando proprio quello spazio di riflessione e di sogno che la casa può essere, compra un tappeto del colore del mare e lì si sdraia spesso a “contemplare l’imponderabile”.
Credo che la casa possa, in alcune storie di vita, diventare un’ossessione. Lo è, per esempio per le donne che arrivano in Occidente dall’est Europa o dall’Africa per occuparsi dei nostri anziani e lo fanno sognando di poter rientrare un giorno nel loro paese e comprare una casa. La protagonista del romanzo è figlia di emigrati dal sud al nord Italia, di una madre che quando lei e sua sorella erano bambine, pregava perché il loro appartamento crollasse… La casa è appartenenza, stabilità, legame: tutto ciò che le manca.

Spesso il desiderio femminile viene raccontato come specchio di quello maschile, la tua protagonista invece se lo assume gelosamente, lo gioca in modo attivo, affrontandone i rischi e le contraddizioni, lo mette al centro e ne fa oggetto di una riflessione continua.

Sì, nel romanzo in effetti, è il suo desiderio il motore degli incontri amorosi raccontati. E lei non si domanda mai se l’altro con cui fa sesso sia soddisfatto o… Non c’è frustrazione nei suoi incontri con gli uomini, non perché lei sia una maga, ma perché non se ne occupa, non si domanda che cosa avrebbe potuto fare per compiacere l’altro o per tenerlo legato a sé. Ho amato molto creare questa personaggia soprattutto per questa libertà radicale che la guida nel rapporto con gli uomini.

Ci sono affinità tra la prof e i suoi alunni adolescenti, un’osmosi tra generazioni e condizioni diverse.

La prof e i suoi alunni si assomigliano, anche perché lei ha mantenuto intatti degli aspetti adolescenziali, nel bene e nel male. Da una parte c’è sicuramente una mancata maturità emotiva della protagonista che è sola a 37 anni, ma lo era anche a 7, a 17… Nessuno si è occupato di accompagnarla nella crescita affettiva. Inoltre, in lei è viva una resistenza alla norma, che le impedisce di diventare adulta nel modo imposto dalla società. D’altra parte, la precarietà lavorativa dominante è un modo per infantilizzare la popolazione, lasciandola nel bisogno. E almeno questo non è colpa sua…

Ho sempre praticato la materia alternativa alla coppia, perché della religione dell’amore non so niente, neanche i fondamenti” dice la protagonista. Eppure sia l’amore sia la religione sembrano essere oggetto di un desiderio e di un’attenzione che ritorna costantemente nelle tue pagine.

Esatto. La prof di materia alternativa si interroga sulla religione, su Dio, sulla figura di Cristo dall’inizio dell’anno fino alla fine, come se trovarsi a insegnare “la materia negativa” rappresentasse una sorta di invito a imparare proprio quello che non sa: Dio è amore, si dice, ma lei non sa amare. È come se questo insegnamento per cui non sembra necessaria nessuna preparazione fosse proprio ciò che lei deve imparare nell’anno scolastico raccontato nel romanzo.

 

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