Gravidanza obbligatoria, nascita forzata

di Robin Morgan
Illustrazioni di Liza Donnelly
Traduzione di Margherita Giacobino

 

Pochi giorni dopo la Festa della Mamma, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che ogni donna americana deve diventare madre.

La sentenza sulla gravidanza forzata che è trapelata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, scritta dal giudice Samuel Alito, da un lato non è affatto sorprendente, in quanto ce l’aspettavamo, ma dall’altro ci lascia senza fiato per la sua audacia, faccia tosta e atrocità. Io e altri, molto più esperti di me nel diritto, abbiamo già chiarito, e continueremo a farlo, perché il ragionamento approssimativo ed errato citato da Alito nella sua bozza è clamorosamente sbagliato, parziale, miope e in sfacciata contraddizione con la Costituzione e con la stessa giurisprudenza. Senza parlare degli effetti mortiferi che questa sentenza avrà sulle donne americane – più della metà della popolazione del Paese – o della palese ignoranza del fatto che oltre il 54% della popolazione del Paese, uomini e donne, repubblicani e democratici, ritiene che la sentenza Roe vs Wade avrebbe dovuto essere confermata, e quasi il 60% crede e afferma il diritto assoluto di una donna alla propria libertà riproduttiva.

Mi viene in mente la grande frase di William Faulkner nel suo romanzo Requiem per una monaca: “Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato”. È vero. Così ci ritroviamo – quasi 50 anni dopo che la Corte Suprema ha dichiarato la sentenza Roe vs Wade un diritto costituzionale e legge del paese – a ricominciare da capo la lotta.

La maggioranza non eletta, estremista e conservatrice della Corte Suprema, nominata da due presidenti che hanno entrambi perso il voto popolare, è pronta a ribaltare 50 anni di precedenti e a porre fine al nostro diritto di interrompere gravidanze indesiderate.

Quindi, non c’è tempo da perdere. Ecco i fatti innegabili.

La maggioranza degli americani sostiene il diritto all’aborto, ma le legislature controllate dai repubblicani in Stati abilmente e pesantemente sovrarappresentati non lo fanno, e sono questi organi di governo sbilanciati e antidemocratici i responsabili del divieto a quindici settimane del Mississippi, del divieto a sei settimane del Texas e delle proposte di legge che limiterebbero o vieterebbero l’aborto in almeno altri ventuno Stati quando la sentenza Roe sarà ufficialmente rovesciata.

Come scrive Jill Lepore sul New Yorker, “Samuel Alito è sorpreso che ci sia così poco sull’aborto in un documento di quattromila parole redatto da cinquantacinque uomini nel 1787. Si dà il caso che in quel documento, che detta i principi della legge, non ci sia proprio nulla su gravidanza, utero, vagina, feto, placenta, sangue mestruale, seno o latte materno. In quel documento non c’è nulla che riguardi le donne. Soprattutto, non c’è nulla in quel documento – o nelle circostanze in cui è stato scritto – che suggerisca che i suoi autori abbiano anche solo immaginato le donne come parte della comunità politica a cui si riferisce l’espressione “Noi il popolo””.

Aggiungerei che Alito non si preoccupa nemmeno di menzionare che le donne americane hanno il più alto tasso di mortalità per parto nel mondo industrializzato e sviluppato, che l’aborto è più sicuro del parto, che l’America è l’unica nazione industrializzata senza congedo di maternità retribuito obbligatorio, che il sedici per cento dei suoi bambini vive in povertà, che per gli asili nido spende qualcosa come il due per cento di quello che alcuni Paesi scandinavi destinano a questa voce. In altre parole, l’America si preoccupa appassionatamente della vita, ma solo in forma fetale. Quella non è la vita. È la nascita. Ma la nascita richiede la donna.

Alito sostiene che la sentenza Roe non era “profondamente radicata nella storia e nella tradizione di questa nazione”. Ma davvero? E che dire della schiavizzazione dei popoli africani? Quella sì che era profondamente radicata nella storia e nella tradizione di questa nazione. Sì, riflettiamo sulla storia e sulla tradizione di questa nazione. Quando è stata pronunciata la sentenza Roe, io, una donna sposata negli Stati Uniti, avevo bisogno del permesso di mio marito per ottenere una carta di credito o un prestito o un conto corrente che non fosse congiunto, cosa che non è cambiata fino al 1974. Nessuno Stato ha dichiarato illegale lo stupro coniugale fino al 1975. Nessun uomo è stato ritenuto responsabile di molestie sessuali fino al 1977. La gravidanza era una colpa che poteva essere punita col licenziamento immediato fino al 1978. Alito omette allegramente di elencare le forme di sottomissione basate sul sesso che sono persistite ben dopo la sentenza Roe, molte delle quali sono “profondamente radicate nella storia e nella tradizione di questa nazione”. Per non parlare del tentato genocidio dei nativi, dell’esclusione e poi dell’internamento dei popoli asiatici, del bigottismo e delle discriminazioni in ogni ambito, dall’istruzione all’impiego, dalle strutture pubbliche ai privilegi privati, dalle forme sottili a quelle violente, dalle micro-aggressioni agli omicidi, perpetrate nei confronti di ogni gruppo di immigrati che cerchi rifugio nella terra dei liberi, e via di questo passo, ad nauseam.

“Profondamente radicato”: bella roba!

E già che siamo in tema di etnie, guardiamo al profondo impatto che il razzismo ha avuto su questa decisione; non dimentichiamoci di tutti quei maschi bianchi che cantavano “non ci rimpiazzerete”; non dimentichiamoci della paranoia, nemmeno tanto sotterranea, sul fatto che presto gli Stati Uniti non saranno più una nazione a maggioranza bianca – non pensate che questo abbia avuto un effetto velenoso, consciamente e inconsciamente, sulla decisione anti-aborto? Non dimentichiamo di fare dei collegamenti. Ancora una volta, non si tratta di vita, ma di nascite e di tassi di natalità. L’ironia della sorte vuole che i recenti cali del tasso di abortività siano stati più consistenti negli Stati in cui l’accesso all’aborto è diffuso, a causa del parallelo accesso ai contraccettivi, rispetto a quelli che hanno aggiunto restrizioni, in cui è più probabile che gli aborti siano aumentati.

Questa è l’eredità di Trump: le grandi bugie, la degradazione servile del Partito Repubblicano. Questa è la combinazione tossica di razzismo e religione, quella nociva fede in regni e re invece che in repubbliche e democrazie. Perché non esiste una repubblica del cielo? Se la buona notizia è che la religiosità in questa nazione ipocritamente satura di fede sta diminuendo, la cattiva è che non diminuisce abbastanza rapidamente.

Stavolta non lasciate che vi dicano che vi siete allarmate troppo, che avete gridato al lupo. Non lasciateli dire che dovremmo “aspettare e vedere”. Abbiamo aspettato. Abbiamo visto. Se riusciranno a rovesciare la sentenza Roe, c’è ragione di credere che si muoveranno verso un vero e proprio divieto nazionale della procedura (già proposto), così come per rovesciare le sentenze federali sull’azione positiva, le sentenze sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e sui diritti degli omosessuali, le sentenze sulla disabilità, sulle leggi statali sul controllo delle armi e persino sulla contraccezione e sull’attraversamento dei confini statali per sposare qualcuno di un’altra razza. E altro ancora. Tutto quanto.

Abbiamo bisogno di tutte le forze disponibili e di tutte le tattiche e strategie possibili.

-Dobbiamo fare pressione sui nostri legislatori affinché usino il loro potere per chiamare i giudici Kavanaugh e Gorsuch, e probabilmente anche Clarence Thomas, a testimoniare nelle indagini sul loro oltraggio al Congresso, sulla loro possibile falsa testimonianza per aver apertamente mentito al Congresso durante le audizioni per la loro nomina.

-Dobbiamo porre fine all’ostruzionismo in Senato, per quanto provocatoria possa sembrare questa idea.

-Abbiamo bisogno di più fondi, come il fondo Lilith che esiste da decenni in Texas, per attuare una coordinazione con gli Stati vicini in cui l’aborto è legale e pagare l’assistenza ai bambini, l’alloggio, il viaggio e il cibo alle pazienti povere che raggiungono i servizi di interruzione di gravidanza.

-Dobbiamo marciare più numerosi che mai.

-Dobbiamo andare alle urne a votare i candidati che si battono con orgoglio per i diritti riproduttivi.

-Abbiamo bisogno di una legislazione che sostenga un quadro di diritti umani per la libertà riproduttiva – una strategia che è stata efficace in Irlanda e in Messico, e che recentemente ha ispirato gli attivisti in Polonia e in Argentina.

Dobbiamo riprenderci i nostri distretti, il nostro Paese, la nostra democrazia, i nostri corpi. Questa volta non dobbiamo dare tregua.

 

*L’articolo è apparso il 9 maggio 2022 sul blog di Robin Morgan

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