Fuoco e febbre in California

Intervista a Susanne Zago

di Paolo Barcella
Illustrazione di Doriano Solinas

 

 

 

Mentre è in corso la campagna elettorale più inverosimile della storia statunitense e infuria la pandemia, la California si trova a fare i conti con incendi devastanti. Trump ha dichiarato che, anche se gli scienziati del cambiamento climatico non lo sanno, presto avrebbe fatto più fresco. Il fresco però non è ancora arrivato e la popolazione soffoca. Chiedo a Susanne Zago, psicologa e operatrice sociale nelle strutture pubbliche di Oakland e San Francisco, di raccontare quello che sta accadendo. Attivista nella sinistra statunitense di area verde e anarchica, Susanne si prende cura della fascia meno abbiente della popolazione, degli immigrati – spesso di origini latinoamericane – e degli afroamericani.

In questa terribile estate del 2020, gli incendi si sono aggiunti al Covid. Quali conseguenze stanno avendo sulla popolazione e soprattutto sulle persone più povere?
Gli incendi di quest’anno hanno battuto tutti i record di superfici bruciate degli anni precedenti. È dalla fine di agosto che l’aria è inquinata e malsana: a volte il fumo era così intenso, per via dei diversi incendi vicino alla Baia di San Francisco, che il cielo appariva rosso-marrone. Le autorità consigliavano di stare in casa, ma naturalmente le persone senza tetto, che vivono per strada, non potevano farlo. In più, ci sono anche state tre ondate di caldo (oltre 30 gradi)  nello stesso periodo, rendendo l’aria irrespirabile e la situazione intollerabile. Le persone senza dimora sono state molto colpite, peggiorando i loro problemi di salute, specialmente respiratori. Occorre tener conto che dall’inizio della pandemia Covid la popolazione che vive per strada è aumentata molto (71% in tutta la città, 258% a Tenderloin, quartiere molto povero, in pieno centro città) perché hanno chiuso tutti gli istituti (shelters) che di solito ospitano le persone senza dimora, per evitare contagi all’interno. A maggio i morti in quella fascia della popolazione erano triplicati rispetto all’anno precedente.  Sia Oakland che San Francisco non hanno fatto molto per aiutarli. Anzi. A San Francisco c’è stata una battaglia tra attivisti e alcuni membri del consiglio comunale, da una parte, e London Breed (sindaca, afroamericana), dall’altra, perché Breed non voleva sistemare i senza dimora negli hotel che la città aveva riservato per loro. Ora c’è un piccolo accampamento di fronte al municipio, che può ospitare forse un centinaio di persone. Ma poi lì intorno (cioè nel quartiere Tenderloin) ce ne sono altre centinaia e centinaia accampati sui marciapiedi. Ti puoi immaginare, in una situazione del genere, le condizioni sanitarie e di igiene, oltre che il fetore insopportabile, soprattutto durante le ondate di caldo e con l’aria densa di fumo. Un’altra fascia molto colpita dal Covid sono i latino-americani nel quartiere Mission e gli afroamericani nel Quartiere Hunters Point, dal momento che molti di loro lavorano in occupazioni “essenziali” come negozi, pulizie, ospedali, trasporti pubblici. Soprattutto la popolazione latino-americana ha raggiunto il 50% dei contagi a San Francisco, anche se è solo il 15% della popolazione totale.

In un momento così complicato ci troviamo alla vigilia di una delle tornate elettorali più polarizzanti di sempre, con una mobilitazione da parte di gruppi della destra a sostegno di Trump.
Il problema della possibile violenza di gruppi di destra è più sentito a Portland, in Oregon, dove da maggio ci sono proteste in sostegno di Black Lives Matter e contro-proteste da parte dei gruppi reazionari, come i Patriot Prayer. Lì ci sono stati anche omicidi. Ma pure qui, nella Baia di San Francisco, molto liberale e progressista, ci sono movimenti di destra molto attivi e quindi c’è apprensione. L’università di Stanford chiuderà due settimane prima delle elezioni e fino al 20 novembre, inclusi i corsi online, per il pericolo di violenze da parte dei gruppi di destra. In maggio a Oakland, durante la prima dimostrazione di protesta per l’uccisione di George Floyd, un ex-militare dell’areonautica, membro del gruppo di estrema destra Boogaloo Bois ha sparato a una guardia federale. Poche settimane dopo, l’omicida è stato ucciso dalla polizia, mentre cercava di arrestarlo, sulle montagne di Santa Cruz.

A poche settimane dal voto, come stai vivendo la campagna elettorale?
Anche dopo il noioso dibattito per la vice presidenza non sembra che il sostegno per Trump sia aumentato. L’area di San Francisco vive il sostegno a Biden e Kamala Harris in modo conflittuale. Non solo Biden fa parte dell’ala più a destra e neoliberale del partito democratico, con molte prese di posizioni decisamente razziste e opposte al benessere e ai diritti dei lavoratori, ma anche Kamala Harris ha un passato a dir poco complesso. Nativa di Oakland, Harris è un prodotto della macchina politica democratica della ricca San Francisco, capeggiata dal ex-sindaco Willy Brown. Era stata procuratrice di San Francisco 20 anni fa, poi dello Stato della California, prima di essere eletta senatrice a Washington. Nonostante posizioni progressiste riguardo alla “lotta contro il crimine” (per esempio, si è sempre dichiarata contro la pena di morte), molte decisioni e molti casi da lei processati hanno avuto un impatto negativo sulle fasce povere, specialmente afro-americane e latino-americane. È stata spesso criticata per avere detto pubblicamente ciò che desidera sentirsi dire l’opinione pubblica progressista di San Francisco e della California, per poi, con poca trasparenza, continuare con le politiche che affliggono i poveri.

Per approfondire il lavoro di Susanne Zago: Download

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