Escursione alle Proridi

di bulander
Illustrazioni di Isia Osuchowska

 

Era veramente un’app meravigliosa, non per niente la chiamavano l’app della Sopravvivenza.
Se ti trovavi in visita a una città da turista e volevi sapere dove mangiare una pizza, click, l’app ti diceva quali erano le pizzerie più vicine, un altro click e ti dava i prezzi di ciascuna, ottimo benchmarking. Se avevi un bisogno urgente, click, e ti dava le toilette più vicine, un altro click e ti diceva se c’era la carta igienica o se stava per finire. E così via.
L’ing. Sternuti e famiglia, moglie e un figlio di sedici anni, avevano deciso di fare una breve visita a un’isola dell’arcipelago delle Proridi, sì e no tre ore di traghetto dalla cittadina costiera di San Grottino Nevicato. Si poteva fare in giornata. Il traghettino, una barca piccola e malandata, partiva due volte alla settimana, il martedì e il sabato alle 8,30. La signora decide per il martedì che c’è meno gente.
Cos’è, cosa non è, sarà stata la distrazione del timoniere o il traffico intenso in quel tratto di mare, a metà circa del percorso il traghettino entra in collisione con un catamarano di lusso, di quelli che filano a 80 kmh, fatti di fibre speciali, che manco si accorge dell’urto e procede veloce per la sua strada mentre il traghettino si blocca, comincia a imbarcare acqua e a piegarsi lentamente sul fianco. Urla, panico, qualcuno che si butta in acqua, ma ci sono due scialuppe di salvataggio che vengono messe rapidamente in mare e lì, bene o male, nella confusione più totale, la gente si mette in salvo.

 

L’ing. Sternuti, reggendosi sempre più a stento man mano che la barca s’inclina, indifferente alle grida della moglie che gli dice di far presto e di saltare nelle scialuppe, sta scegliendo tra le tante app del suo cellulare quella nota in tutto il mondo degli ingegneri come Rescue Alarm. La quale, con un  click, ti dice dal punto dove ti trovi in pericolo quali sono i mezzi di salvataggio più rapidi ed efficienti. L’elicottero naturalmente. “Stai tranquilla Gina, lascia che quelli s’ammazzino per salire sulle scialuppe. Noi ce ne andiamo volando”. Intanto l’acqua gli era arrivata alla cintola. Il tempo che cerca su Google www.rescue-helicopter.com l’imbarcazione lentamente s’inabissa sotto i suoi piedi e i tre si trovano in acqua a galleggiare.  “Attenti a non bagnare i telefonini! Teneteli fuori dell’acqua!”. Da lontano chi avesse osservato la scena avrebbe visto tre teste spuntare dal mare, attaccate a tre braccia ritte verso il cielo e tre mani che stringevano dei cellulari. La moglie: “Faccio fatica a stare a galla e nuotare con un braccio solo. Muoviti a far arrivare questo elicottero!” L’ingegnere era intento a esplorare le tante opportunità dell’app Rescue Alarm, che non solo ti dice dove puoi trovare un elicottero di soccorso nelle vicinanze, ma anche quanti posti ha e di che materiale sono i sedili imbottiti. Trovato finalmente quello che era di suo gusto, Sternuti manda un mail all’indirizzo prescritto con le generalità, l’algoritmo dell’app automaticamente rileva la posizione dei naufraghi…. ma, invece dell’elicottero, gli arriva un messaggio – sempre in automatico – tipo: “Sorry we are busy at the moment”. L’ingegnere esprime il suo disappunto alla moglie e questa: “Adesso faccio di testa mia! Al diavolo le tue maledette app!””, urla, e chiama il 113. “Pronto mi dica”, il poliziotto al centralino non è tra i più svegli, prima che capisca la situazione passano alcuni minuti. “Ah, voi siete in mezzo al mare? Signora deve chiamare la Guardia Costiera, noi non abbiamo mezzi navali ma solo macchine, carri attrezzi e simili. Come? Vuole il numero della Guardia Costiera? Eccolo, ha qualcosa da scrivere?” Come si può può immaginare, la pazienza della signora è messa a dura prova ma finalmente riesce a chiamare la Guardia Costiera, che era già informata del naufragio e aveva spedito una motovedetta in soccorso. Il funzionario al centralino non è più sveglio di quello del 113.
“Signora, perché siete scesi dalle scialuppe?” “Ma noi non siamo scesi, non siamo mai saliti! Mio marito voleva farsi venire a prendere da un elicottero. Voi ce l‘avete un elicottero? Se non ce l’avete, me lo dica subito che son tutta bagnata e mio marito chiama l’app” “Cosa chiama suo marito?”

 

Intanto, mentre queste conversazioni si svolgevano via etere, il relitto del traghetto aveva continuato a scendere verso l’abisso e, toccato il fondo, doveva aver urtato contro uno scoglio aguzzo per cui s’era aperta una falla e il carburante rimasto nel serbatoio aveva cominciato a uscire e a salire come una colonna nera verso la superficie. In pochi minuti una larga chiazza di nafta aveva circondato i tre malcapitati, ricoprendo le loro teste, le spalle e trasformando il tutto in un’uniforme massa nerastra.
“Tenete in alto i telefonini!” urla l’ingegnere, “se si coprono di nafta siamo perduti!” Ma anche chiamare la tanto desiderata app non era facile perché come fai a digitare qualcosa sulla tastiera del telefonino se hai le mani imbrattate di un denso liquido oleoso? “Come faccio, Gina, come faccio?” piagnucolava l’ingegnere. Ma le donne hanno senso pratico da buttar via: “Succhiati il dito, cretino, che ti va via lo sporco! Sei capace di succhiarti il ditino o no?”
Incredibile ma vero, l’app stavolta funziona, risponde positivamente, entro un’ora arriva l’elicottero. Ma, arrivato sul posto, dall’alto i piloti non riescono a distinguere nessun naufrago in quella marea nera. Chiamano l’ingegnere: “Ma dove siete? Qui vediamo tutto nero!”, “Ma siete sopra di noi, sentiamo il rombo dei motori, possibile che non vediate le tre braccia coi telefonini?”. Finalmente l’aiuto-pilota li localizza, ma il pilota ha un problema. “Quelli non li tiro su manco morto, mi sporcano tutta la cabina. Mica ci avevano detto che erano pieni di nafta!” L’aiuto-pilota richiama l’ingegnere: “Senta Sternuti, così sporchi non vi possiamo prendere su, fatevi prima una doccia e poi vi prendiamo. Guardi quante barche avete intorno che vi osservano, ci sono anche un paio di yacht di lusso, quelli hanno delle docce da urlo…” Èa quel punto che i tre guardano l’orizzonte.

 

Per tutta la vista, in cerchio attorno a loro, ma a debita distanza per non sporcarsi, stazionano centinaia di imbarcazioni – motoscafi, barche a vela, pescherecci, bettoline – venute a godersi lo spettacolo del naufragio. Tutti a fotografare, migliaia di foto spedite via whatsapp.
L’ingegnere torna alla sua app Sopravvivenza: click, e ti dice dove c’è la doccia più vicina, doppio click e ti fa vedere la foto. “Guarda un po’ questa, Gina. Non male eh? Scegliamo questa? Tanto non possono mica dirci di no, le leggi del mare dicono che sei obbligato a recuperare dei naufraghi. Voglio vedere se non ci tirano su, li denuncio!”

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